Pietro Longo, direttore del programma di ricerca “Nordafrica e Vicino Oriente” dell’IsAG, è stato intervistato da Antonella Appiano per “L’Indro” a proposito del fenomeno dei salafiti. L’intervista, la cui collocazione originale è situata qui, viene riprodotta di seguito.
Edward Said ne ‘l’Orientalismo’ spiega come anche la cultura si pieghi a rafforzare gli stereotipi sull’Islam. Stereotipi amplificati dalla non-conoscenza della storia e dalla superficialità dei media. In questi giorni termini come salafiti, jihadisti, partiti islamici, si rincorrono dalle pagine dei giornali ai telegiornali spesso senza una corretta spiegazione. Generando confusione.
Una premessa. Sappiamo che dopo la ‘Primavera Araba’ si è affermato l’ Islam politico, rappresentato in Egitto e Tunisia dai Movimenti della Fratellanza Musulmana che – per la prima volta dallo loro nascita – hanno avuto la possibilità di formare partiti politici legali (al-Nahda in Tunisia, Libertà e Giustizia in Egitto). Grande successo nei due Paesi di questi partiti, anche se hanno ottenuto maggioranze relative e non assolute. Per questo hanno dovuto formare alleanze trasversali con partiti secolari (in Tunisia) o con altre formazioni islamiche, ( in Egitto). Secondo Pietro Longo, Dottorando in Studi sul Vicino Oriente, all’Università di Napoli l’Orientale: “In questo frame-work si deve interpretare il fenomeno dell’ascesa del Salafismo, fatto che ha colto impreparati molti studiosi ed analisti”.
A Pietro Longo che è anche Direttore del Programma Mediterraneo e Vicino Oriente presso l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) chiediamo di raccontare una breve storia del Salafismo.
Chi sono i Salafiti?
Salafi è un termine, si potrebbe dire, connaturato all’Islam stesso. In prima accezione indica infatti i primi convertiti all’Islam, i più fedeli seguaci del Profeta Muhammad. E quindi i ‘pii buoni’ il cui esempio è degno di imitazione, da parte dei veri credenti. Però questa parola ha subito molte traslazioni di significato. Per esempio, nel 1800, indica un preciso movimento intellettuale, culturale, religioso, anche spirituale (la Salafiyya appunto) che si diffonde in tutto il mondo islamico (arabo e non). Fra i protagonisti di rilievo: Muhammad ‘Abdu, Jamal al-Din al-Afghani,Rashid Rida, ‘Abd al-Rahman al-Kawakibi checercarono di coniugare Islam e modernità, senza però snaturarne l’identità. Da qui deriva la dicitura di “Salafismo Scientifico” (salafiyya ‘ilmiyya) indicante i movimenti che tendono ad una islamizzazione attraverso la cultura, la diffusione del messaggio islamico e la persuasione. Risale all’epoca della Guerra fredda invece, la consacrazione del Salafismo come insieme di movimenti violenti, spesso armati e in grado di sfruttare la retorica religiosa per fini spesso anche anti-islamici. A questa nebulosa si dà il nome di Salafismo jihadista. Le radici sono anteriori all’invasione sovietica dell’Afghanistan (1979) ma di certo è da quella data che militanti di tutto il mondo islamico affluiscono in Asia centrale per combattere l’Armata rossa. Alla fine del conflitto, durato 10 anni, questi gruppi tornano nelle rispettive nazioni (Algeria, Tunisia, Egitto, Sudan etc.) e danno vita a cellule locali.
Quindi la Primavera araba ha riaperto un scenario che poteva essere prevedibile?
Sì, concentrati sull’ascesa della Fratellanza Musulmana gli analisti hanno invece trascurato questa possibilità cioè l’esistenza, l’organizzazione e quindi l’affermazione di gruppi islamici alternativi alla Fratellanza, divenuta quasi un main-stream. Del resto l’Islam è ricco di correnti, tendenze, scuole giuridiche, tutte dovute al fatto che non esiste un unico magistero docente (una Chiesa cioè) almeno nell’Islam sunnita e quindi non esiste un’unica fonte interpretativa delle sacre scritture (Corano in primis ma anche la sunna di Muhammad). In mezzo a questo scenario si apre quindi l’interrogativo: chi è salafita? O meglio: chi decide chi è salafita?
Che ruolo hanno i salafiti nei Paesi coinvolti nelle Primavere arabe?
In Egitto e in Tunisia assistiamo alla legalizzazione di partiti salafiti scientifici, che hanno rinunciato all’uso della violenza e che si dichiarano disposti ad accettare le logiche partitiche e sistemiche, cioè di essere integrati nelle istituzioni. al-Nur in Egitto e Jabhat al-Islah in Tunisia ne sono due esempi. In Egitto essi possiedono anche una discreta rappresentanza all’Assemblea Costituente mentre in Tunisia sono rimasti al di fuori, ma dialogano con il partito al-Nahda. I partiti salafiti scientifici dichiarano di propendere per la islamizzazione delle società rispettive.
Che cosa dichiara il manifesto politico di al-Nur?
Che la democrazia è perfettamente in linea con la Shari’a e l’Islam quindi può, anzi deve, essere impiegata. Tuttavia deve essere esercitata nei limiti della legge rivelata, la Shari’a appunto.
In pratica, quindi?
Su questo punto viene mantenuta volontariamente una certa ‘suspence‘. Ma possiamo dire che integrare Shari’a e democrazia significa che la ‘maggioranza’ non può legiferare in qualsiasi ambito e su ogni argomento. Un esempio: se il Corano concede la possibilità per il musulmano di poter sposare fino a 4 mogli, posto che sia sicuro di non fare disparità tra di loro, secondo la prospettiva salafita, nessuna legge potrebbe imporre diversamente, ad esempio vietando la poligamia. Secondo questa logica, esistono nelle fonti del diritto islamico delle norme che hanno vigore di legge, sono state stabilite da Dio e quindi l’uomo non può opporsi con la sua legge. La Fratellanza Musulmana e i partiti salafiti concordano sui fini dell’azione politica, islamizzare le società e dare attuazione alla Shari’a. Ciò su cui sono in disaccordo è il timing e il modo. Per i Fratelli il processo deve essere graduale e provenire dal basso. Per i salafiti scientifici deve essere immediato e diretto dallo Stato, che deve essere uno Stato islamico.
Si parla spesso di una ‘nebulosa’ della Salafyya. Che cosa s’intende con questo termine?
L’espressione nebulosa salafita dà l’idea di movimento eterogeneo, complesso e poco uniforme. Del resto da sempre i salafiti sono distinti – per convenzione – tra scientifici e militanti/jihadisti. Dopo la ‘Primavera Araba’ si possono aggiungere nuove categorie: partiti salafiti, quindi salafiti sistemici, contrapposti ai movimenti che scelgono di restare in forma disorganizzata. Inoltre mentre i partiti sono necessariamente non violenti, i movimenti non sono altrettanto disposti a rinunciare alla violenza. L’esempio più tipico è Ansar al-Shari’a, attiva in Tunisia e Libia soprattutto ma presente anche in Egitto. Gli Ansar libici avrebbero dato vita alla manifestazione che in settembre è degenerata nell’assalto all’ambasciata statunitense, provocando la morte dell’Ambasciatore. Anche in Tunisia gli Ansar hanno causato turbolenze in quell’occasione. Esiste poi il fenomeno dell’Hizb al-Tahrir che è al tempo stesso un partito, legale in Tunisia, ma anche un movimento transnazionale. Il Partito in questione nasce nel 1948 in Giordania per opera del giurista Taqi al-Din al-Nabhani, palestinese d’origine. In breve si diffonde in tutto il mondo islamico ma anche in Europa. Dopo la Primavera, uffici sono stati aperti a Tunisi, sotto la direzione del ‘professore’ Ridha Belhaj. Il movimento dichiara in modo esplicito di rifiutare la democrazia e tutti i simboli della civiltà occidentale, al fine di restaurare il Califfato universale.